
VALENTINA CONTI
attrice . performer . artista di strada . regista

BIOGRAFIA
Attrice, performer, regista teatrale e artista di strada. Laureata al D.A.M.S. come regista coordinatrice di gruppi di teatro presso l’Università Roma3. Diplomata come attrice presso l’Accademia Teatrale di Roma Sofia Amendolea, si è formata anche come arteterapeuta e counselor espressivo, nonché come segretaria di produzione nell'audiovisivo.
Conduce da anni laboratori teatrali e artistici per l'infanzia e l'adolescenza.
Frequenta seminari in Italia e all’estero con Odin Teatret, Grupo Galpao di Belo Horizonte, London Metropolitan University, Réplika Teatro-Academia del Actor di Madrid etc.
E’ attrice stabile per la compagnia di teatro civile Anemofilia, la compagnia di ricerca teatrale Ygramul, con la quale ha compiuto nel 2012 l’esperienza di viaggio teatrale antropologico in Brasile ed è fondatrice e attrice della compagnia di Commedia dell'Arte TradirEfare Teatro e della compagnia di nuova drammaturgia Patas Arriba Teatro.
Nel 2014 il monologo da lei interpretato Jansi la Janis sbagliata vince il Festival Inventaria e, lo stesso anno, riceve la nomination come miglior attrice al Roma Fringe Festival.

TEATRO
Credo fortemente che, quello dell'attore/attrice, sia il mestiere più antico del mondo.
Al di la' della facile ironia per il richiamo alla prostituzione (riferimento che, tra l'altro, trovo appropriato, nel suo senso più sacro, dal momento in cui l'attore/attrice, mette a disposizione il proprio corpo per il “piacere” dell'altro o altra da se'), il mio particolare riferimento va ai rituali sciamanici di guarigione. Lo sciamano (attore), raccolta attorno a se' la comunità (pubblico), con l'ausilio di canti, musica, danze, preghiere, storie, mette in comunicazione il mondo umano con quello della deità al fine di “guarire” la comunità stessa.
Ecco, credo che questa sia l'unica arte possibile: un' arte al servizio. Un teatro necessario.

ARTE IN STRADA
“Se Maometto non va alla montagna...” è perchè non ne sente il bisogno, perchè si annoia, perchè non può permetterselo, perchè non ne conosce l'esistenza, perchè non immagina possa goderne i benefici, perchè la ritiene troppo lontana da se'... Ad ogni modo allora, è la montagna a dover raggiungere Maometto.
Traslando l'immagine e accostando le figure a quelle del “teatro” e del “pubblico”, credo fortemente che, in questo momento storico, l'arte abbia il dovere di tornare in strada e di essere accessibile e comprensibile a tutti e tutte. Il teatro in strada ha un linguaggio diverso da quello della scatola nera: allora il riferimento immediato va ai saltimbanchi, ai girovaghi, ai cantastorie e alle loro tecniche.
Trampoli, giocoleria, fuoco, maschere sono lo strumento. Il “cappello” è la restituzione. Non aprioristica, ma meritocratica.

Con i piedi per terra e la testa fra le nuvole
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